Depop, un “unicorno” tutto italiano

L’app per la compravendita di articoli di moda venduta al colosso Etsy per $1,6 miliardi

[Reading time: 3 minuti]

Depop, il fondatore e le origini dell’app:

L’ideatore della piattaforma e designer milanese Simon Beckerman inizia la sua carriera a metà degli anni ’90 come grafico presso un’azienda di Milano. Pochi anni dopo con suo fratello apre un’agenzia creativa (per la programmazione di siti internet, tra i primi in Italia, ndr) che gli porta l’esperienza necessaria per dare vita alla rivista “Pig”, People in Groove, che aveva come obiettivo quello di fare “scouting” tra musicisti, artisti, fotografi, stylist, designer. Fonda poi col nome “Garage” un social network attraverso il quale comprare gli articoli presenti in rivista. Nel settembre 2011 a Treviso Simon viene accolto sotto l’ala protettrice di H-Farm, “venture incubator” italiana specializzata nello sviluppo delle fasi iniziali delle startup, che gli offre un finanziamento di 792 mila euro per la creazione di un’applicazione di social shopping peer-to-peer: il fine è connettere venditori e compratori di abbigliamento e accessori fashion online, soprattutto vintage. Questa piattaforma è stata battezzata “Depop”.

Depop, l’internazionalizzazione:

Una volta ideato il prototipo, nel 2012 Simon ottiene ulteriori finanziamenti in Gran Bretagna e in Germania. La progettazione dell’app inizia a settembre 2011 e esattamente un anno dopo c’è il trasferimento della sede principale a Londra, dove ora conta oltre 400 dipendenti se si includono anche le altre sedi a New York, Milano, Manchester, Los Angeles e la più recente a Sidney.

L’idea viene lanciata prima sul mercato italiano per testare le sue potenzialità, ma si sposta presto in Gran Bretagna (anche questo mercato è usato come banco di prova, ndr). Infatti, una volta maturata esperienza, per la valutazione di nuovi territori si serve di team locali di durata variabile (6 mesi o anche un anno) per fare marketing, comunicazione, community, e poi, se il territorio è adatto, lanciare ufficialmente il prodotto.

I finanziamenti a questo punto arrivano anche da oltreoceano: il General Atlantic è il primo fondo americano ad aver creduto nelle potenzialità del progetto, assumendo una società per fare ricerca di mercato sugli utenti. Ma il processo di internazionalizzazione non è semplice come potrebbe sembrare:

Quando lancio un nuovo prodotto, ho imparato che è meglio tenerlo più semplice e aperto possibile, in modo da poter sperimentare diversi tipi di mercati, quindi non impuntarsi a testa dura su un certo target, ma avere mente aperta per cercare di capire dove possa funzionare.” Spiega Simon in una intervista di Marco Montemagno.

Nel 2014 Chiara Ferragni diventa Ambassador, socia e shareholder di Depop, portando milioni di utenti. Il target di riferimento dell’app è anche la chiave del suo successo, cioè la generazione Z (a partire dal 2019, il 90%dei suoi utenti attivi aveva meno di 26 anni, ndr), con utenti interessati alla moda, ma anche alla varietà e alla sostenibilità offerta dal riciclo di abiti.

Depop, i risultati e la cessione:

Si definiscono “unicorni” le startup che superano la valutazione di 1 miliardo di dollari. Depop è il secondo tra le digital startup italiane che scavalca questa soglia dopo YOOX, colosso dell’e-commerce. La piattaforma oggi conta oltre 30 milioni di utenti (lo scorso anno i compratori attivi sono stati circa 4 milioni e i venditori 2 milioni) in più di 150 paesi del mondo. Le anaisi interne hanno rilevato che ogni 3 secondi viene venduto un prodotto, invece ogni mezzo secondo ne viene caricato uno. Nel 2020 le vendite lorde di merci sono state circa di 650 milioni di dollari, movimentando circa 1 miliardo di articoli, mentre i ricavi si sono aggirati sui 70 milioni. C’è stata una crescita esponenziale in periodo pandemico (anche se già iniziata nel 2017 con un tasso annuo del +80%, ndr) di due volte e mezzo in più di ricavi attesi, raggiungendo i risultati preventivati in un anno soltanto in un mese.

Dopo 10 anni il marketplace americano Etsy ne acquista la proprietà per 1,625 miliardi di dollari (quasi al doppio del prezzo pagato da Facebook per acquisire Instagram nel 2012, ndr). L’operazione, grazie alla clausola di earn-out prevista negli accordi, genererà per H-Farm un incasso di circa 6 milioni di euro con un ritorno di 15,5 volte rispetto all’investimento iniziale. La scelta di cessione al miglior offerente è legata anche al particolare modello di business e all’impegnativo mercato, dove è necessario innovarsi continuamente per poterne garantire ancora il successo.

A cura di Roberta Ioffredo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *