Dall’Export Italiano alla nuova frontiera dell’Export digitale

Con la pandemia, il Made in Italy trae importanti conclusioni e scopre nuove opportunitàtà

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Export Italiano, primi bilanci della pandemia:

Il bilancio dell’anno appena trascorso fa registrare un -15,3% per quanto riguarda le vendite dei nostri prodotti al di fuori dei nostri confini nazionali. A questo dato fortemente negativo seguirà, secondo gli esperti, una robusta crescita stimata a 461 miliardi di euro (+ 9,3%) nell’anno in corso e proseguirà in maniera costante, anche se a valori più modesti nel triennio successivo.
La tanto attesa ripresa dell’export non sarà omogenea per tutti i settori ma si differenzierà in base ai mercati di riferimento e soprattutto in base all’andamento della situazione epidemiologica. Mentre i beni di investimento continueranno a passare un momento di difficoltà e la loro ripresa è stimata intorno al 2022, ben diversa è la situazione per settori come la moda nei quali il marchio italiano ha sempre una domanda molto elevata. Discorso analogo per il settore dell’agroalimentare che, nonostante una battuta d’arresto nel 2020, dovuta alle chiusura di bar e ristoranti, è stato il settore che ha meno subito il calo delle esportazioni dovute alla pandemia.

Export Italiano, una visione globale:

Aiuta ad avere una panoramica ancora più ampia il rapporto pubblicato annualmente della SACE (Sezione speciale per l’Assicurazione del Credito all’Esportazione) che mostra i possibili scenari tanto per aree geografiche che per settori di riferimento e consente alle imprese di orientarsi e approcciare con maggior consapevolezza al mercato estero.

In particolare, le imprese Italiane dovranno essere capaci di acquisire maggiore competitività nelle principali economie di sbocco e nelle “geografie prioritarie” quali:

  • Europa avanzata e Nord America: che insieme rappresentano circa il 60% delle vendite estere e sono le zone in cui l’export è maggiormente calato e che ,probabilmente, si riprenderà solo nel 2022;
  • Area Medio Oriente e Africa: dove è prevista una ripresa più celere già alla fine del 2021 grazie alle esportazioni nel settore farmaceutico;
  • Asia: dove il 2020 si è chiuso con non poche difficoltà segnando un -11% per quanto riguarda le attività di export di beni e servizi. E anche qui la ripresa anche qui è stimata alla fine del 2021.

Export Italiano, una nuova frontiera:

Inevitabilmente le misure di distanziamento e le chiusure delle attività commerciali imposte dalla pandemia hanno cambiato le abitudini e le modalità di acquisto dei consumatori. L’ e-commerce ha assunto un ruolo fondamentale nel contenere il crollo degli scambi commerciali a livello internazionale, in tal senso, è opportuno segnalare che l’export digitale dei beni e servizi del Made in Italy ha raggiunto il valore di 13,5 miliardi di euro con una crescita del 14%.

I settori che più ne hanno beneficiato sono quelli della Moda con esportazioni digitali pari a un valore complessivo di circa 7 miliardi di euro, segue iquello agroalimentare con esportazioni digitali pari al 14% e un valore di quasi 2 miliardi di euro. Infine si evidenziano incrementi significativi anche nel campo dell’arredamento e dell’elettronica.

Un punto importante da segnalare è che solo il 56% delle imprese italiane usa canali digitali per vendere i propri prodotti all’estero, nettamente in ritardo rispetto a USA, Cina e Giappone che rappresentano i 3 paesi in cui l’e-commerce genera i maggiori valori assoluti ma anche in forte ritardo nei confronti delle grandi potenze europee come Germania, Regno Unito e Francia.

L’export digitale resta una grande opportunità di crescita e sviluppo anche per le PMI che attraverso una buona comunicazione possono giungere oltre i confini italiani. Nel 2020 sono molte le imprese che hanno deciso di aprire alla vendita online con impatti positivi in termini economici e finanziari.

A cura di Federico Franco

One Reply on “Dall’Export Italiano alla nuova frontiera dell’Export digitale”

  1. Un buon lavoro. Mi piace la sottolineatura del fatto che per internazionalizzarsi le aziende italiane devono innovarsi. E quel 56% che ricordi nell’articolo la dice lunga su quanto si stia indietro e quanto ci sia ancora da lavorare.

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