Anche la neve è in crisi

Il settore sciistico italiano potrebbe crollare a causa dell’impatto del Covid-19

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Stagione invernale 2020, la decisione del Governo:

A seguito dell’annuncio del governo di negare la riapertura degli impianti sciistici, per prevenire il contagio da SARS COV-2, i governatori delle regioni Piemonte, Lombardia, Veneto, ma anche ristoratori, albergatori e maestri di scii, hanno criticato la scelta dichiarando che tale decisione avrà ripercussioni settoriali negative. Tale malcontento è stato alimentato anche dalla sostanziale differenza rispetto ad altri paesi europei, come l’Austria e allo stesso modo la Svizzera, che adotteranno nuovi criteri di sicurezza per impedire la chiusura degli impianti, garantendo il regolare svolgimento della stagione bianca. In Germania, invece, solamente il territorio della Baviera ha concordato il programma italiano, pensando, piuttosto, alla riapertura delle frontiere europee come obiettivo finale.

Stagione invernale 2020, l’impatto economico:

Stando alle analisi economiche, l’Italia è una nazione prevalentemente basata su un economia di servizi. I settori più sviluppati in quest’ambito sono maggiormente concentrati nelle zone del Sud Italia e nei confini, al Nord, con gli altri paesi europei. Il settore sciistico, appartenendo anch’esso alla categoria dei servizi, è presente in particolar modo nel Nord Italia.

Secondo l’ANEF (Associazione Nazionale Esercenti Funiviari) ogni anno il settore dei servizi crea un giro d’affari pari a 9.6 miliardi di euro, di questi, il settore sciistico ne genera 1.2 miliardi di euro, attraverso più di 1500 impianti sciistici e coinvolgendo oltre 15’000 dipendenti, inoltre, vanno considerati gli oltre 2’000 lavoratori attivi nelle attività connesse e che annualmente sono sostenuti costi per circa 100 milioni di euro per la produzione di neve artificiale.

Tale decisione governativa va inoltre a colpire un particolare periodo dell’anno, cioè la stagione invernale, in cui, citando nuovamente l’ANEF, queste attività producono 1/3 del fatturato totale, per un valore di 4 miliardi di euro, che salgono a 7 miliardi di euro se considerate le attività di servizi connesse.

Sarà quindi una stagione difficile per chi gestisce gli impianti connessi al settore sciistico. È stimata una perdita tra il 60% ed il 70%. Va considerato, inoltre, che più sarà ritardata l’apertura, più il settore principale e i settori connessi subiranno ingenti danni, andando a colpire la forza lavoro che comprende i sopracitati quindicimila dipendenti, di cui solo cinquemila sono sotto contratto indeterminato.

Stagione invernale 2020, le soluzioni proposte:

Per questo settore, per questo business, per questo piccolo periodo bianco, è stata proposta la riduzione della clientela al 50%. Tuttavia anche riducendo la portata si arriverebbe alla generazione di code di persone, quindi assembramenti, anche nel rispetto della distanza di sicurezza. Si è pensato anche all’implementazione di un sistema di prenotazione ticket a numero chiuso, col rispetto della distanza di sicurezza, soprattutto nei punti di ristoro, per sopportare almeno i costi di produzione (questo sarebbe possibile in quanto lo sport sciistico è già compreso di distanziamento nella sua normale pratica). Il 2020 è stato caratterizzato da una stagione invernale arrivata in ritardo, che ha impedito la produzione di neve, sia artificiale che naturale, per questa ragione sarebbe ancora possibile optare per una riduzione di costi di produzione.

A cura di Emanuele Piccinella

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