Industria 4.0: l’importanza della Big Data integration

Come lo sfruttamento dei Big Data migliora la redditività delle aziende

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Nel 2001, Doug Laney, allora vicepresidente e Service Director dell’azienda Meta Group, ha riassunto in un report il modello dei Big Data, attraverso il Paradigma di Laney, con le 5V: volume, velocità, varietà, veridicità e variabilità. Queste 5 peculiarità, racchiuse nei Big Data, rappresentano la principale innovazione dell’Industria 4.0.

Grazie all’enorme quantità delle informazioni emesse, abbinata all’utilizzo di tecnologie in grado di estrapolarle, l’integrazione dei Big Data garantisce l’incremento dei profitti ed una reazione efficace ai mutamenti dei mercati. Difatti, recenti analisi evidenziano un netto divario tra i bilanci delle imprese Data-Powered, comparati a quelli dei competitor.

BIG DATA, la Big Data ANALYTICS:

Ogni semplice ricerca, che sia su Google, su un Social Network o su un qualsiasi Open Data (raccolte dati liberamente accessibili), ci basta per capire la numerosa quantità di informazioni emesse ogni secondo. I Big Data sono tutti i numeri, le statistiche o le quantità di dati, che raggruppati rappresentano uno strumento straordinario per l’Industria 4.0. Grazie al loro utilizzo, un’azienda acquisisce le capacità utili per riuscire a reagire ai cambiamenti generati dal Macroambiente in maniera rapida ed efficace.

Nel momento successivo alla ricezione dei dati, dopo un’attenta interpretazione, l’azienda è in grado di utilizzare quest’analisi nelle sue decisioni operative, come decidere la quantità efficiente di produzione, il mercato di sbocco, la promozione dei suoi prodotti, oppure, se e in quali mercati investire. La fase dell’interpretazione dei dati risulta essere molto critica ed è per tale ragione che il Data Scientist deve possedere competenze statistiche, tecniche di gestione dei dati e un background in tema Intelligenza Artificiale. A causa della criticità della fase di analisi, le imprese, al fine di ottenere un’interpretazione omogenea dei dati, hanno deciso di non affidarsi ad un solo Data Scientist, ma di integrare con un gruppo formato da diversi Scientists.

BIG DATA, le imprese italiane:

In italia solo il 26% delle imprese utilizza la Scienza dei Dati. Solo 1 impresa su 4 in Italia sfrutta i Big Data, ottenendo un incremento del margine tra ricavi e costi e delle entrate in più per un dipendente pari al 22% e al 70%. Il motivo potrebbe risiedere in una scarsa fiducia da parte dei manager in questa tecnologia, o nella difficoltà di adoperare questi strumenti, constatata la loro complessità. Massimo Ippoliti, il Chief Technology & Innovation Officer di Capgemini, afferma che sia inevitabile un cambio di mentalità per i leader aziendali, aggiungendo:

“È necessario un cambiamento di mentalità per i leader aziendali: devono abbracciare una cultura agile di sperimentazione e di realizzazione, se vogliono ottenere risultati concreti attraverso l’uso dei dati”.

BIG DATA, gli effetti del Covid-19:

La pandemia causata dal Covid-19 ha allargato il Gap tra le aziende innovative e quelle più conservative. Prendere decisioni importanti rapidamente ha avuto un ruolo fondamentale per la sopravvivenza aziendale, poiché oltre alla gestione caratteristica, le imprese hanno dovuto rivedere anche i piani d’investimento. Quelle più innovative sono riuscite a reinventare la strategia data-driven, e a riorganizzare il piano degli investimenti, a differenza di quelle non innovative, che hanno interrotto o posticipato gli investimenti. Nonostante le difficoltà causate dalla pandemia, il 96% delle grandi imprese non ha interrotto l’attività di raccolta e di valorizzazione dei dati.

Alessandro Piva, responsabile della ricerca dell’Osservatorio Big Data & Business Analytics, spiega:

“Il Covid-19 è stato uno stress test: mentre le aziende più immature hanno visto una riduzione dell’interesse al tema, quelle orientate all’approccio data-driven hanno saputo reinventarsi”.

A cura di Vincenzo Succoia

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