SMART WORKING: il futuro che ci attende

Lo smart working, rivoluzione nel modo di lavorare.

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SMART WORKING, una nuova economia del lavoro:

Il lavoro agile – la nuova modalità di esecuzione della prestazione di lavoro subordinato – rappresenta una novità considerevole e segna un passaggio epocale da una società industriale ad una post-industriale, caratterizzata da un processo di trasformazione digitale in cui il lavoro tende a destrutturarsi sia dal punto di vista temporale che spaziale. Lavorare da casa, complice anche l’emergenza epidemiologica da COVID-19, è diventata realtà sempre più diffusa, accelerando l’adattamento digitale di aziende e lavoratori.

Lo smart working, secondo uno studio effettuato da Marketers State of Remote Working 2021, il più grande movimento di imprenditori digitali, sostiene che lavorare da remoto aumenta la produttività. Circa l’80% dei lavoratori in smart, afferma di lavorare per un tempo pari a  40 ore alla settimana rispetto alla normale settimana lavorativa equivalente a 30 ore. Il 97% degli italiani, si legge nell’indagine, si definisce favorevole a continuare a lavorare in modalità “telematica” per il resto della propria carriera, in tal modo è possibile conciliare vita privata e lavorativa. La tendenza che emerge dallo studio è chiara: il lavoro da remoto, che oggi coincide quasi sempre con il lavoro da casa, è parte del futuro. 

E’ inoltre stimato che circa il 54% delle aziende continuerà ad usare il lavoro agile, anche una volta terminata l’emergenza sanitaria, non in maniera totale ma “spezzando” la settimana concedendo ai dipendenti turni da remoto e turni in presenza cosi da recuperare anche rapporti sociali e interazione fisica con il resto del gruppo.

SMART WORKING, cosa cambia nel settore pubblico:

Prima della pandemia le Pubbliche Amministrazioni italiane registravano una bassa percentuale di lavoratori digitali, raggiungendo solo il 5% rispetto agli altri paesi europei. Questo esigua percentuale era determinata soprattutto da una scarsa digitalizzazione del comprato pubblico.

Con lo scoppio della pandemia da Coronavirus si è verificato un cambio di tendenza. Infatti, ha causato una crescita del lavoro agile dei dipendenti statali pari a circa il 33% e, questo dato, è addirittura maggiore nel settore dell’istruzione che ha visto una percentuale pari al 59% secondo i dati della “Rilevazione delle Forze di Lavoro (RFL)”.  

Dato l’andamento pandemico è stato necessario varare norme che regolamentassero lo smart working. Il “Decreto Proroghe”, varato dal presidente del consiglio Mario Draghi il 30 aprile 2021, ha esteso la possibilità per i dipendenti della Pubblica Amministrazione di lavorare in modalità smart. Il lavoro agile prosegue in regime semplificato, senza necessità di accordi individuali, sino al 31 dicembre 2021.

Dunque, sino a fine anno, i dipendenti pubblici potranno lavorare da remoto, anche senza garantire la presenza in ufficio di almeno il 50% degli addetti (così era stato sino ad ora) a patto che uffici e servizi funzionino regolarmente. Smart working “sì”, ma nel rispetto della continuità dei servizi da assicurare ai cittadini. 

Inoltre, secondo il decreto Proroghe a partire dal 2022 le amministrazioni pubbliche avranno l’obbligo di adottare i Piani organizzativi per il lavoro agile “Pola”, che dovranno essere presentati entro il 31 dicembre di ogni anno.

SMART WORKING, differenze nel privato:

Anche il settore privato è stato interessato dalla crescita dello smart working. Rispetto al 2019 si è verificato un aumento dall’ 1,4% al 14,4%. Tuttavia, la crescita non è stata omogenea, infatti non tutti i settori hanno avuto effetti positivi. Tra i comparti lavorativi con un tasso di crescita maggiore troviamo i settori dell’informazione e della comunicazione, il settore finanziario e il settore della formazione lavorativa. Al contrario i campi lavorativi svantaggiati dall’adozione del lavoro smart sono quello alberghiero e della ristorazione, perché ovviamente si registra una più bassa telelavorabilità.

In generale, si può notare come lo smart working abbia profondamente modificato l’economia lavorativa di alcuni settori portando numerosi vantaggi in quei settori nei quali è più facile, in base anche alle loro caratteristiche lavorative, adattarsi a un lavoro digitalizzato. Contrariamente in altri settori in cui lo scambio di servizi deve essere effettuato necessariamente in presenza, più difficilmente è stato possibile registrare questo miglioramento lavorativo.

A cura di Federico Franco

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