USA, più tasse ai i più ricchi

Joe Biden e gli USA programmano un aumento di tassazione per i rientranti nelle più alte fasce di reddito

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USA, il motore della ripresa è nelle tasche dei “più ricchi”

Summer’s here and time is right for racin’ in the street” cantava Bruce Springsteen e, seppur l’estate sia lontana ancora due mesi, per Biden e gli Stati Uniti è effettivamente giunto il momento di considerare la “riaccensione dei motori” per scuotere un paese che, come il 99% dei suoi coinquilini globali, si trova a dover cercare una soluzione per dare il via ad una efficiente ripresa economica.
Il presidente, anche a fronte di una gestione pregressa sempre parzialmente tendente a favorire gli appartenenti alle classi di reddito più alte, ha deciso di programmare un aumento della tassazione per i “più ricchi”.

USA, nomi e numeri del progetto di Biden

Sono settimane che negli Stati Uniti non si fa che parlare di una delle iniziative più ambiziose (in termini economici e di risultati) della storia presidenziale: l’ American Family Plan, un progetto da oltre mille miliardi volto a sostenere ambiti legati alla sfera domestica (sono trapelate ben poche notizie a tal riguardo e dall’America giunge voce che informazioni più precise saranno fornite proprio nella giornata di mercoledì in occasione dell’assemblea congiunta del Congresso, ndr).
Biden si prepara ad avanzare una proposta pesantemente criticata dalle lobby: aumentare la tassazione sui profitti da capitale (capital gain, ndr), che comporterebbe, per gli americani il cui reddito annuale ammonta a più di un milione di dollari, un incremento della percentuale relativa alla tassa federale (che Biden e il suo team sperano di portare da 23,8% a 39,6%. A questi numeri va aggiunta la sovrattassa del 3,8% destinata al finanziamento dell’ObamaCare, ndr).
I singoli stati e le città hanno, inoltre, la possibilità di imporre specifiche tassazioni (è il caso della California, che impone un pesante 13,3%, dello Stato di New York, con un solido 11,85% sulle rendite finanziarie e, ancora, della stessa New York City, che alla sovrattassa statale ne aggiunge una ulteriore del 3,88%, dovuta alla presenza della Borsa, ndr). Nei casi limite le imposizioni fiscali rischiano, dunque, di sfiorare il 55%.
Un aumento di questo tipo permetterebbe, oltre che di alimentare in maniera sostanziosa le casse destinate al progetto dell’ “American Family Plan”, ma anche di fornire agli States la tanto agognata “benzina” economica di cui il paese ha bisogno.

USA, non dire gatto…

… se non ce l’hai nel sacco. Per quanto Biden possa ostentare sicurezza nel designare un brillante futuro per le proprie proposte, numerosi sono i gruppi di Wall Street dotati di potenza politica e finanziaria per far valere i propri interessi in quello che si sta rivelando un dibattito che potrebbe potenzialmente determinare un totale cambiamento dal punto di vista economico.

Ci aspettiamo che il Congresso approvi una versione ridotta dell’aumento della tasse, accordandosi su un incremento più modesto, potenzialmente al 28% circa” queste le parole con cui Jan Hatzius, capo economista di Goldman Sachs, ha espresso la posizione del gruppo in merito ai piani di Biden.

Criptovalute, in cantiere una tassa “monstre”

Secondo alcune indiscrezioni, la segretaria al Tesoro americano Janet Yellen starebbe lavorando ad una tassa dell’80% sui profitti derivanti da capitale di bitcoin e simili. Il solo vagheggiamento di una simile prospettiva ha portato ad un calo drastico dei bitcoin, scesi sotto i 50mila dollari dopo il periodo d’oro di marzo.

Le proposte presidenziali in termini di imposizioni fiscali sono la chiara reazione ad un sistema che, per tutta la permanenza di Trump alla Casa Bianca, non aveva mai nascosto i favoritismi riservati ai più ricchi.

A cura di Mario De Vito

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