L’Italia per il sostenibile: endotermico, elettrico e… idrogeno

I vantaggi economici per l’elettrico e l’idrogeno scalzano gradualmente il mercato dei motori endotermici”

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L’Italia compie passi da gigante nel promuovere un numero sempre maggiore di incentivi volti ad accelerare il processo che porterà ad una sostituzione quasi totale degli autoveicoli a trazione endotermica, che lasceranno il posto a moderni mezzi. Questi oltre a garantire ai futuri acquirenti dei costi di mantenimento meno onerosi, saranno in grado di rispettare la politica dello sviluppo sostenibile grazie ad un impatto ambientale estremamente ridotto.

I motori a combustione, la fine di un’era:

Forse per molti appassionati potrà anche essere un piacere irrinunciabile, ma sfrecciare a bordo di fiammanti bolidi, che sia su strade urbane, di provincia, autostrade od affascinanti extraurbane che si affacciano sullo spettacolo mozzafiato offerto dalla Costa Azzurra (magari godendosi l’ubriacante ruggito emesso dal potente motore a combustione che si ha a qualche pollice dalle ginocchia), diventa un’attività progressivamente più costosa. Il prezzo di benzina e diesel, complice ovviamente la non rinnovabilità dei due combustibili fossili, comporta un aumento di prezzo che sta portando gli automobilisti di tutto il mondo ad essere sempre più parsimoniosi nello schiacciare il pedale alla destra del freno e ad optare per andature sempre più regolari al fine di contenere i consumi. Se da un lato l’impatto economico per gli utenti del mondo dell’automotive risulta sempre più pressante, a pagare i reali costi di questa singolare spesa è il nostro mondo, vittima delle gravi conseguenze ambientali prodotte dall’inquinamento legato alle emissioni di CO2 che degradano e deturpano l’aria che respiriamo.

Sono anni che i vertici mondiali, sia su spinta della comunità scientifica, sempre più allertata dall’attuale condizione ambientale, che delle proteste peroranti la causa dello sviluppo sostenibile, hanno posto una sempre crescente attenzione nei confronti della salute della Terra, concentrando l’inizio delle proprie ricerche su una delle maggiormente riconosciute cause dell’inquinamento: le automobili.

Ecobonus 2020, cos’è e chi ha diritto ad averlo:

Anche nello Stivale ci si è posti questo problema. La risposta dell’Italia è l’Ecobonus auto 2020 (previsto dalla Legge di Bilancio 2019, ndr), una misura volta ad incentivare l’acquisto di veicoli ibridi od elettrici grazie tramite un “sostegno” da parte dello Stato che si fa carico di una piccola parte della spesa d’acquisto.

Dal 18 giugno al 31 dicembre 2020, è possibile presentare domanda per ottenere il bonus, che consiste in un incentivo statale che va dai €4000 ai €6000 (fino ad esaurimento fondi, ndr) nel caso si sia interessati a mettersi in garage un veicolo elettrico, ibrido o ad idrogeno (che non superino i €54000 di listino).

Anche gli acquirenti di auto rientranti nelle categorie Euro 1,2,3 e 4 godranno di qualche piccolo vantaggio derivante dall’Ecobonus auto (totalmente esclusi i futuri proprietari di Euro 0): per auto con emissioni di Co2 che spaziano dai 21 g/km ai 70 g/km sono previsti incentivi per €1500 (a cui vanno aggiunti €1000 in caso di acquisto con rottamazione, ndr), mentre agli acquirenti di veicoli con emissioni inferiori ai 20 g/km saranno destinati fondi fino a €4000 (a cui vanno aggiunti €2000 in caso di acquisto con rottamazione, ndr).

L’attuale situazione Covid ha acciaccato anche il settore dell’automotive, ma, stando a quanto riportato nel Decreto Rilancio, tra 2020 e 2021 lo Stato destinerà una cifra complessiva vicina ai 300 milioni di euro per il bonus, che, in una prospettiva ottimistica, dovrebbe essere una misura che il Governo tenderà a rinnovare nei prossimi anni, visto il crescente numero di “eco-automobilisti” che popolano le nostre strade.

Non solo Ecobonus, tassazione a 0:

Una grande pecca che gli amanti delle quattro ruote evidenziano sempre è l’eccessiva tassazione imposta dallo Stato ai proprietari di vetture con targa italiana: al Bollo (la tanto odiata “tassa di circolazione”), che, seppur vari da veicolo a veicolo, è una spesa piuttosto importante anche per i possessori di piccole utilitarie che non eccedono i 100 cavalli, va aggiunto il Superbollo (la meno popolare “tassa di lusso”), che consiste in un’ulteriore costo che deve sostenere chi in garage ha un veicolo la cui carta di circolazione indica una potenza erogata (dichiarata) che sfora i 185 kw (circa 251 cavalli). Per ogni kw “di troppo” vanno aggiunti €20 alla spesa del bollo, motivo per cui, eccezion fatta per un’incredibilmente ristretta categoria di persone (appassionati sfegatati e benestanti), molti perdono interesse nel mettersi alla guida di sportive od auto di lusso troppo performanti.

Tesla Model 3

Eppure non è un segreto che i motori elettrici (persino quelli di auto di segmenti minori) siano dotati di una potenza fuori dal normale, in grado di garantire accelerazioni 0-100 che farebbero rabbrividire i migliori motori endotermici supportati dalla trazione posteriore. Questi straordinari motori erogano, in molti casi, centinaia e centinaia di cavalli. Basti pensare che “l’utilitaria” di Tesla che ha monopolizzato il mercato, la Model 3, sviluppa da 306 a 490 cavalli. Cifre da capogiro, non solo in termini di prestazioni (accelerazioni brucianti e velocità massime da pista), ma anche, verrebbe da pensare, economici. Un generico proprietario di Model 3 dovrebbe pagare, nel caso in cui avesse scelto di guidare la versione più completa presente sul mercato della vettura della casa di Elon Musk, circa €3520 di Superbollo, che andrebbero aggiunti ad un eventuale Bollo.

Se l’elettrico pagasse il bollo.

In Italia, infatti, si è optato per una misura volta a premiare chi sceglie di sedersi alla guida di un silenzioso mezzo a trazione elettrica e, in regioni particolarmente attente allo sviluppo sostenibile (come la Lombardia), si è deciso di annullare qualsiasi costo legato alla tassazione dei veicoli elettrici.

Elettrico contro endotermico, una battaglia senza storia:

All’aiuto statale si aggiunge quello naturale. Se, infatti, i pieni annuali di autoveicoli endotermici richiedono una spesa di centinaia e migliaia (e, in casi neanche poi così rari, decine di migliaia) di euro, quelli elettrici abbattono notevolmente la spesa.

Seppur le stazioni di ricarica siano ancora limitate rispetto a quelle tradizionali, in molte regioni il “pieno” è gratuito e, in caso contrario, viene a costare mediamente €11 (cifra generica riferita ad una batteria con autonomia media di 400 km), cifra ridicola rispetto alle grosse somme che soprattutto le auto a benzina necessitano per il mantenimento.

Molti proprietari di Model 3 affermano di aver speso (a parità di km percorsi nello stesso arco temporale) per le ricariche circa un quarto di quanto destinavano ai distributori per far girare i grossi motori a combustione che prima avevano sotto al cofano.

Merito, questo, anche della frenata intelligente che molte vetture a trazione elettrica supportano: questo sistema permette, infatti, qualora, in frenata, ci si limiti ad alzare il piede dall’acceleratore, di sfruttare il sistema frenante automatizzato del veicolo, che recupera una piccola percentuale di carica. Ciò permette, nel caso in cui si faccia un sapiente ed accorto utilizzo di questa speciale tecnica, di allungare considerevolmente i tempi di durata della batteria e rimandare la futura ricarica.

C’è, poi, per i più ingegnosi, un metodo che abbatte qualsiasi tipo di costo legato al pieno: chi ha la fortuna di possedere un impianto fotovoltaico, infatti, può garantirsi autonomamente (ed in maniera completamente gratuita) ricariche gratuite senza far gravare sulle proprie bollette il peso che un frequente utilizzo della corrente domestica per riempire il “serbatoio” della propria auto comporterebbe.

La prospettiva è che nei prossimi cinquant’anni sistemi del genere siano all’ordine del giorno e che il meccanismo del pieno (o, a voler essere precisi, della “ricarica”) non rientri più nei bilanci degli automobilisti, ma rappresenti uno scocciante passaggio scontato che separa il guidatore dal suo rientro in macchina.

L’unica pecca che si potrebbe riscontrare nel mantenimento dell’elettrico sta nelle gomme: la potenza dei motori che spinge i possessori di questi futuristici e confortevoli bolidi a schiacciare frequentemente l’acceleratore ed il fatto che tutti (o quasi) i veicoli con questo tipo di alimentazione siano dotati di trazione integrale o posteriore portano ad un consumo considerevolmente più rapido del battistrada rispetto a quanto accade per le vetture endotermiche. Uno svantaggio, questo, che fa perdere un punticino all’elettrico, ma che viene ad essere solo una piccola sbavatura in una battaglia senza storia.

Non solo elettrico, l’idrogeno si fa timidamente strada verso il futuro:

Il 2019 ed il 2020 hanno visto il lancio di due nuove vetture ad idrogeno. La Toyota Mirai e la Hyudai Nexo guardano ad un futuro fatto d’acqua ed energia. Questo tipo di vetture, infatti, non produce scarti inquinanti, servendosi di semplice H2O e di un piccolo dispendio in termini energetici che serve a scindere l’idrogeno dall’ossigeno. Il problema è rappresentato dalla sostanziale diffidenza del mercato italiano nei confronti di questo tipo di alimentazione. Nel 2019 solo sette sono stati i veicoli ad idrogeno immatricolati nella terra del tricolore. Complice di questa difficile situazione è anche il fatto che l’unico distributore autorizzato si trovi in Bolzano ed un pieno venga costare dai €60 agli €80 (attribuibili alla rarità del servizio). Una soluzione non troppo economica, se si considerano anche i numeri da capogiro del ben più famoso ed appena citato sistema elettrico.

Il Governo sembra starsi muovendo per agevolare l’apertura di nuovi distributori e per abbattere i costi legati ai pieni. Del resto l’idrogeno rientra nei piani dell’Ecobonus e, nei prossimi anni, potremmo vedere degli importanti passi in avanti.

Dodge, controcorrente con la “Demon”:

C’era una volta la Ford Mustang Mach 1, connubio di potenza, bellezza, fascino, aggressività, cattiveria, trazione posteriore e dotata di un ruggito, frutto del suo ineguagliabile V8, in grado di bruciare l’aria e farsi sentire a kilometri di distanza. Un treno.

Oggi c’è Ford Mustang Mach-E, esempio di tecnologia, silenzio e velocità, eternamente seguita dall’ombra di un nome dal passato glorioso.

Così come ogni casa automobilistica sta improntando tutti i propri progetti in prospettive che tendono sempre più ad alienare la combustione dai propri piani, anche Ford, con il suo gruppo Mustang, da sempre distintosi nella produzione di muscle-car simbolo di potenza e sempre accompagnate dal rombo dei loro motori, ha preso la strada dell’elettrico e lo ha fatto nella maniera più inattesa possibile. Ha dato ad un’auto a trazione completamente elettrica (e, di conseguenza, silenziosa) il nome Mustang. Un messaggio che urla a squarciagola che è il momento di cambiare.

Ma c’è chi, di evoluzione e futuro, non vuole sentirne parlare.

Modello di Dodge Challenger Demon SRT del 2018

È il caso di Dodge, altra storica produttrice di muscle e pony car entrata a far parte del gruppo FCA negli ultimi anni, che non prende neanche in considerazione l’idea di lasciare alla storia i propri potenti V8, che per anni hanno accompagnato migliaia di appassionati stregati dalla bellezza senza tempo delle Charger e delle Challenger.

Non abbiamo alcun interesse per le auto elettriche. I clienti che desiderano un’auto sportiva guideranno elettricamente solo quando le supersportive elettriche diventeranno accessibili. Fino ad allora, Dodge è pronta a vendere felicemente a questi clienti le sue auto a combustione” queste le dure parole che Tim Huskins, capo di Dodge, usa per descrivere i progetti del proprio gruppo.

Facendo riferimento ai numeri, le vendite delle Charger e Challenger, grazie anche alla produzione di modelli sempre più potenti e performanti, non accenna a diminuire e sembra attrarre un numero crescente di appassionati. Dodge ha, infatti, recentemente rilasciato la “Demon”, una versione perfezionata della “Challenger SRT”, che sviluppa ben 707 cavalli. Numeri da hyper car, che, però, sono uno schiaffo in faccia alla linea di sviluppo sostenibile che tutte le altre case automobilistiche stanno seguendo.

A cura di Mario De Vito

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