Andrea Ruggiero: da un lato all’altro della cattedra

Andrea ha 26 anni, si è laureato in Economia Aziendale alla Federico II e lavora presso quest’ultima come dottorando in Management.

 Cosa ti ha spinto a intraprendere il percorso di studi in Economia Aziendale?

Non è stato facile dopo il liceo capire cosa fare. Ho scelto all’ultimo momento Economia Aziendale perché incuriosito dalla gestione delle aziende ed affascinato in generale dall’economia e dalla finanza. Fortunatamente, la laurea in “Economia Aziendale” mi è piaciuta molto e ho ottenuto il massimo dei voti (110 e lode) al termine della laurea triennale e 110 e lode con menzione accademica al termine della laurea magistrale. 

Quali sono state le tue prime difficoltà nell’ambiente universitario?

La prime difficoltà all’interno dell’università è che sono partito da solo, non avendo nessuno del liceo ad affrontare il mio stesso percorso. Però, alla fine dei conti, ciò è stato un vantaggio perché mi sono creato nuove amicizie e metodi di studio.

Durante il tuo percorso universitario, quale esame, più di tutti, ti ha colpito?

L’esame che mi ha maggiormente affascinato è stato “Economia e Gestione delle Imprese” perché riesce a fornire una visione d’insieme delle imprese. Oggi mi ritrovo ad aiutare nell’insegnamento di questa materia ed è una cosa bellissima.

Perché hai deciso di partire per l’Erasmus durante il terzo anno della triennale? Quali vantaggi hai riscontrato? Lo consiglieresti? 

Sono partito per l’Erasmus perché avevo voglia di crescere personalmente, di vivere da solo e perché sapevo quanto fosse importante nel mondo del lavoro avere esperienza all’estero e conoscere altre lingue. Lo consiglio sempre! I vantaggi sono tantissimi, come ad esempio avere un approccio multi-etnico, eliminare i “paraocchi” che abbiamo, imparare lingue, fortificare il CV ed il network etc..

Alla magistrale hai scelto lo stesso indirizzo della triennale. Su che base hai fatto questa scelta?

Dopo la triennale sono stato molto indeciso se alla magistrale continuare Economia aziendale o scegliere Finanza. Alla fine, ho deciso di continuare Economia Aziendale sempre alla Federico II per approfondire gli studi, conducendo nello stesso tempo prima uno stage in AUDIT da KPMG e poi portando avanti la gestione dell’associazione ASE.

Secondo te è preferibile diversificare il proprio percorso di studi alla magistrale o proseguire coerentemente con il percorso triennale?

Dipende da tantissimi fattori, come le preferenze, le attitudini e la scelta del futuro percorso lavorativo. Seguire lo stesso percorso come ho fatto io, dà completezza alle conoscenze e competenze acquisite. Però se dopo la triennale in Management il tuo sogno è diventare un manager di una banca, forse ti può convenire svolgere una magistrale in Finanza o Corporate Finance. In ogni caso, gli studi in Management conferiscono una flessibilità e versatilità incredibile.

Quali pensi siano le skills fondamentali che uno studente deve acquisire durante la propria carriera universitaria?

Capacità di stare e lavorare in team, disponibilità verso il prossimo, saper accettare critiche, saper parlare e presentare in pubblico, problem solving, disponibilità al sacrificio, leadership, capacità di sintesi e di scrittura, organizzazione personale, rapidità e flessibilità nell’apprendimento.

È stato difficile conciliare lavoro e università? Lo consigli?

In un primo momento è stato difficile conciliare lavoro e università, perché non ero abituato ai ritmi lavorativi. Successivamente, ho imparato a farlo. Anche qui la mia risposta è dipende. Dipende dal tipo di laurea che svolgi (richiesta o preferita la presenza?) e dal tipo di azienda e compiti che andrai a svolgere etc..
In linea di massima, lo consiglio perché aiuta ad imparare a gestire lo stress, ad essere multi-tasking ed orientati all’efficienza perché si ha poco tempo a disposizione.
Entrando nello specifico, consiglio di studiare e lavorare maggiormente durante un percorso di laurea magistrale  (non tantissimo durante la triennale) e laddove si siano già create delle forti basi di conoscenze accademiche. Ciò perché lavorare comporta non seguire e solo chi ha già un buon background può poi la sera o nel weekend mettersi al pari. È un peccato vedere persone in gamba che cominciano a lavorare durante gli studi, ma che poi terminano la magistrale dopo diversi anni e con votazioni non ottime.
 

Che dritte daresti a una matricola? 

Ad una matricola consiglio tre cose che si legano tra di loro:

  1. Fare amicizie e gruppi di studio vivendosi l’università e capendo come essa funziona, imparando così da subito il bello e l’utile che ti può dare. 
  2. Studiare da subito per non perdere il ritmo e i tempi degli esami; e studiare in gruppo (soprattutto quando si ripete per acquisire linguaggio e capacità di esposizione) confrontandosi e sciogliendo i dubbi e cercando nel primo anno di fare la maggior parte degli esami, in particolare i più difficili. 
  3. Seguire all’inizio tutte le lezioni con attenzione e, magari, riascoltarle a casa se non si è capito, così si vive l’università e si capisce dove si hanno lacune e si ha bisogno di aiuto.

Inoltre, voglio dire alle matricole che si parte da 0 all’università. Chi non andava bene a scuola, può diventare lo studente modello. Viceversa, chi era bravissimo a scuola non si deve adagiare e deve essere aperto anche a nuovi metodi di studio.

Non ero uno studente modello alle superiori, avendo anche tanti interessi come lo sport ed il calcio. Non credevo di poter “performare” così bene all’università come ho poi fatto. Credete in voi stessi, non fate troppo caso ai giudizi magari non tanto positivi che avevate a scuola.

Raccontaci la tua esperienza da Project Assistant presso UNISA

Con l’Autorità di sistema portuale del mar Tirreno ed UNISA da aprile ’17 ad ottobre ’18 ci siamo occupati di un’analisi dei dati di traffico marittimi e delle offerte sulle tratte esistenti e possibili nel golfo di Napoli e Salerno. Al termine del progetto, abbiamo pubblicato il lavoro “Studio di pre-fattibilità sui collegamenti marittimi veloci nei golfi di Napoli e Salerno”. È stato interessante perchè avevo appena concluso una breve esperienza di stage in audit presso KPMG e ho, quindi, riscontrato due organizzazioni e modalità di lavoro completamente diverse.

Cosa ti ha spinto a intraprendere la carriera da dottorando? Da ex studente, come ci si sente a stare dall’altra parte?

Ho intrapreso un dottorato a caratterizzazione industriale, dove svolgo un anno a Napoli, un anno a Maastricht in Olanda (da cui vi scrivo) e un anno da IBM. Ho scelto questo percorso perché è un connubio tra un’esperienza estera, lavorativa e universitaria, che approfondisce ancor di più le conoscenze e competenze acquisite precedentemente negli studi universitari. Stare dall’altra parte fa ancora strano per chi come me ha fatto rappresentanza studentesca ad alti livelli. 

Cosa ne pensi della ricerca in Italia? Quali differenze hai riscontrato tra Napoli e Maastricht?

Andando avanti con i tempi, la ricerca e le sue modalità si somiglieranno sempre di più tra l’estero e l’Italia, grazie alle numerose e proficue collaborazioni in essere. L’Italia ha molta creatività e grinta, con professori e ricercatori dotati di grande spirito di volontà ed adattamento, grandi capacità di network e multi-tasking. Un’università come Maastricht, invece, possiede un’organizzazione della ricerca sofisticata, dove quasi niente viene lasciato al caso. Ci si preoccupa non solo della vita accademica dei dottorandi, ma anche di quella sociale. Inoltre, l’ecosistema di aziende all’estero, rispetto a quello italiano, guarda più positivamente coloro che hanno acquisito un dottorato di ricerca. 

Cosa significa affiancare un docente? Come hai raggiunto questo traguardo?

C’è molta confusione tra gli studenti su cosa sia un dottorando, che viene spesso reputato solamente come un assistente del professore che fa didattica e insegna. Invece, la maggior parte del tempo viene impiegata per fare ricerca accademica su tematiche altamente specifiche, cercando anche di pubblicare articoli scientifici. Per farvi capire cosa faccio, vi posso far leggere qualcosa che ho scritto su robotica sociale e mitigazione della solitudine: (https://www.emerald.com/insight/content/doi/10.1108/JOSM-05-2020-0148/full/pdf?title=mitigating-loneliness-with-companion-robots-in-the-covid-19-pandemic-and-beyond-an-integrative-framework-and-research-agenda).
Affiancare un docente è una bella esperienza perché ci si immerge in tante diverse attività, che ti fanno crescere ed imparare tantissimo.

Per raggiungere è stato utile conoscere discretamente la lingua inglese, anche se ero ben lontano dal livello che posseggo ora. Inoltre mi è stata utile la voglia di imparare, saper ascoltare, rendersi disponibile, accettare critiche ed essere abituato a carichi di lavoro e stress. Tutto ciò mi è stato possibile soprattutto grazie agli studi universitari e le competenze apprese durante l’associazionismo e le precedenti esperienze lavorative. Per entrare in un programma di dottorato, è necessario partecipare ad un concorso pubblico, caratterizzato da valutazione curriculum e percorso accademico, prova scritta ed orale. Per affrontarle positivamente, nel PhD in Management è necessaria una buona conoscenza della lingua inglese e possedere buone conoscenze degli argomenti trattati durante il percorso di laurea.

Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?

I miei prossimi obiettivi sono affrontare positivamente il periodo in azienda presso IBM e terminare efficientemente il PhD, cercando di concludere una serie di lavori scientifici che trattano in particolare di companion robot e silver economy. Dopo il dottorato, le scelte che si possono intraprendere sono numerose. Si può continuare la vita accademica, ci si può inserire in un’azienda o società di consulenza oppure si possono creare imprese e startup. Sono sempre di più i casi di ex PhD student che fondano realtà imprenditoriali promettenti e dinamiche

Che consigli daresti a un neolaureato che si sta affacciando al mondo del lavoro?

Ad un laureato che si sta affacciando al mondo del lavoro consiglio di non perdere la voglia di imparare e di dare tutto sé stesso all’inizio, cercando di essere flessibile e di capire cosa piace fare. È fondamentale nel futuro fare qualcosa che piace, al di là dell’aspetto retributivo o di prestigio.

Parlaci della tua idea iniziale di ASE. 

Facciamo prima un po’ di storia. Dal secondo anno della triennale, insieme a dei cari amici, gestivamo un’aula chiamata “I ragazzi del terzo piano” vicino la mensa di Economia a Monte Sant’Angelo. Eravamo un gruppo eterogeneo di studenti che rimaneva fino a sera tarda all’università a studiare. Dopo il mio Erasmus in Spagna al terzo anno della triennale, noi del “Terzo Piano” ci unimmo all’Associazione UNINA (ora ASE) e partecipammo alle elezioni studentesche nel 2016. Con quelle elezioni, diventai rappresentante all’interno del “Consiglio degli studenti d’Ateneo” dell’intera Federico II. Mi innamorai dell’idea dell’associazionismo e a Gennaio 2017 sono stato eletto Presidente dell’associazione UNINA. Insieme agli associati UNINA e, in particolare, Antonio Palmese (che allora guidava la sua associazione “Unione”), nutrivamo però un’idea differente di associazionismo. Volevamo ripercorrere lo spirito e le tante cose buone fatte da UNINA, ma allo stesso tempo volevamo creare un qualcosa di più grande che riuscisse a cavalcare i tempi che stavano cambiando (pensiamo al digitale) ed incentrandosi sempre di più su collaborazioni (altre associazioni, dipartimenti, istituzioni) e contatto con il mondo del lavoro.
Divenendone il primo Presidente, fondammo ASE nel settembre 2017 unendo  i membri dell’associazione UNINA e l’associazione Unione guidata da Antonio Palmese, che diventò prima Vice-Presidente e poi Presidente al termine del mio mandato nel Novembre 2018.
ASE è stata fondata con l’ambizioso obiettivo di continuare a fornire rappresentanza, ma allo stesso tempo dare l’opportunità agli studenti di vivere l’università a 360 gradi, dando informazioni, organizzando eventi professionali e ricreativi, orientandoli nell’ingresso universitario e nel contatto con il mondo del lavoro, con un atteggiamento collaborativo nei confronti delle istituzioni, come dipartimenti e rettorato. Vi è un’idea sbagliata da parte di una buona percentuale di studenti che reputano l’associazionismo come una “perdita di tempo” e frequentata da persone “mediocri” negli studi universitari. Invece, l’associazione, in particolare ASE, è un mondo elitario e allo stesso tempo altruistico ed eterogeneo (quasi un’azienda multi-servizio) dove la maggioranza di ex-associati ricoprono successivamente ottimi ruoli in aziende, fondano start-up etc.; tutto ciò anche perché sviluppano quelle soft skills e network fondamentali nel mondo del lavoro. E lo dice uno che crede fortemente che non bisogna studiare per giusto “prendersi l’esame”. 

Cosa si prova a essere stato il primo presidente di un’associazione che continua a espandersi nell’ambiente universitario? Quali sono stati le prime attività che hai svolto e quali difficoltà hai riscontrato?

Essere stato il primo presidente di un’associazione che continua ad espandersi nell’ambiente universitario è un grande onore. Oggi con occhi esterni, noto con piacere che l’associazione cresce sempre di più, intraprendendo praticamente la mission e vision progettata alla sua fondazione. Noto come si sappia, inoltre, adattare ai tempi, coltivando talenti e creando procedure dinamiche.
Le mie prime attività svolte da Presidente furono l’organizzazione della struttura associativa e delle sue collaborazioni; inoltre, un forte recruitment dove da 10 associati arrivammo a circa 100 in un solo anno. Nei miei primi momenti da presidente, era in corso l’organizzazione della seconda edizione del JobDay DEMI e la prima edizione di Università e Lavoro. Questi eventi e la stessa associazione erano al principio. Quindi, si necessitava uno sforzo notevole per conseguire il tutto. Le difficoltà riscontrate sono state una barriera da parte degli studenti nell’entrare a far parte di un’associazione e la difficoltà nel comunicare a tutti gli studenti le nostre iniziative. Oggi la platea studentesca guarda le associazioni in modo differente. Ciò, perché le associazioni si sono sviluppate e con i social se ne viene a conoscenza più facilmente. Prima, il fisico contava molto di più e una realtà come Monte Sant’angelo è molto dispersiva.
 

Come hai vissuto i primi giorni da presidente?

I primi giorni da Presidente UNINA nel gennaio 2017 sono stati molto impegnativi. Eravamo pochi e non sapevamo esattamente cosa fare. È stato come fondare una start-up. L’impegno era notevole. Si arrivava all’università la mattina e si usciva la sera. Le pressioni erano tante e le decisioni prese avevano notevoli ripercussioni sulla vita degli associati e degli studenti. 

Quanto ti ha formato, lavorativamente e umanamente parlando, ricoprire tale figura?

Mi ha formato moltissimo. Ho imparato ancora di più ad ascoltare, a stare in gruppo e a presentare in pubblico. Ho sviluppato il mio carisma, il problem solving e la mia leadership. Ho imparato a capire come funziona una forma organizzativa burocratica come l’università e una forma organizzativa flessibile come l’associazione. Cosa più importante è che sono nate delle bellissime amicizie.

Qual è il tuo ricordo più bello da presidente?

Il ricordo più bello sono state le elezioni studentesche del 2016, ma più in particolare del 2018 che ho guidato in prima persona. Trascorrevamo giorni interi all’università fino a notte inoltrata per preparare le elezioni. Eravamo un esercito che credeva in questa missione. Uscivamo tutti insieme ed organizzammo cene e riunioni in aule universitarie di 70 persone. Sono nati momenti e legami indimenticabili.

Cosa comporta essere un senatore accademico? Raccontaci gli aspetti positivi e negativi della tua esperienza.

Sono diventato senatore accademico con le elezioni del 2018, dove per la prima volta ad Economia abbiamo raggiunto il numero di circa 2000 voti dagli studenti di Economia, con più di 1300 preferenze sul mio nome. Essere nel senato accademico comporta svolgere mensilmente una o più sedute all’interno di una prestigiosissima sala dell’ateneo, all’epoca presiedute da Gaetano Manfredi, oggi ministro dell’università, e discutere delle più differenti tematiche che guidano la gestione dell’ateneo, contribuendo a fondamentali modifiche come all’epoca approvammo la no tax area. Gli aspetti negativi da Senatore e Presidente sono la notevole pressione e tempo che dovevo dedicare, essendo il centro dell’attenzione di un’associazione all’epoca di 100 associati e dovendo pensare al bene di un ateneo di circa 80.000 studenti, formati dalle più diverse esigenze.

Ad oggi, cosa consigli e auguri all’associazione?

All’associazione consiglio di continuare le bellissime cose che sta portando avanti e auguro agli associati di poter vivere quanto prima l’università e l’associazionismo fisicamente. Auguro di poter continuare a portare avanti le progettualità, idee e valori che io ed Antonio Palmese avevamo perseguito, e che ora vedo essere brillantemente gestite ed innovate dall’ex presidente Richard di Dio e dall’attuale presidente Alberto Grilli. Noto come ASE ha perfettamente gestito questa fase pandemica facendo dell’associazione un elemento cardine per gli studenti universitari e le istituzioni universitarie in questo difficile momento. Auguro, infine, di poter vivere le elezioni studentesche e, magari, migliorare i buoni risultati ottenuti nel 2018.

A cura del team Memoria di Forma – Giuseppe Piccolo, Ludovica Baccelliere, Maria Francesca Martino, Giovanni Carannante, Alessandro Garbucci, Salvatore Cristiano, Daniele Muccio, Federica Vertolomo, Vincenzo Succoia, Nunzio Visone, e del team ECO – Lidia Esposito, Alessandro Garbucci, Giovanni Carannante, Laura Spasiano, Claudia Percossi e Giuseppina Sepe, che hanno reso possibile la creazione della videointervista.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *