Analisi dell’economia dei conflitti mondiali

Le guerre sono da sempre sinonimo di instabilità, ecco come i sistemi economici si sono adattati nel corso del XX secolo

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Il XX secolo è stato il teatro di due dei periodi più oscuri e devastanti della storia umana: la Prima e la Seconda Guerra mondiale. Esse hanno messo in ginocchio le grandi potenze dell’epoca e hanno dimostrato di cosa sia capace il lato più crudele dell’uomo. Questo articolo ha come obbiettivo l’analisi delle conseguenze economiche che questo periodo di forte instabilità politica e sociale ha causato.

Economia di guerra:

L’economia di guerra è un particolare sistema economico che si concentra sulla produzione di mezzi utili per il conflitto bellico. Esso genera, dunque, un cambiamento degli obbiettivi produttivi delle industrie che si adattano al nuovo contesto sociale. I Paesi adottano questo sistema economico per ottenere vantaggi significativi sui propri avversari (una maggior produzione di armi, per esempio, implica una maggiore efficienza sul campo) e allo stesso tempo per essere in grado di difendere il proprio fronte interno.

L’economia di guerra ha effetti devastanti sulla popolazione: essa viene finanziata maggiormente tramite le tasse le quali  aumentano vertiginosamente per permettere un maggior approvvigionamento delle risorse produttive necessarie. Il focus sull’industria bellica comporta anche il disinvestimento in altri settori, arrivando in casi estremi a dover effettuare dei razionamenti sui beni di prima necessità.

Economia della Prima Guerra Mondiale:

La maggior parte dei Paesi considerò la Prima Guerra Mondiale come una guerra breve, che sarebbe durata al massimo qualche mese. Questo errore di valutazione causò delle conseguenze economiche molto significative.

A causa dell’economia di guerra il settore agricolo in molti Paesi entrò in crisi: in Gran Bretagna e in Germana vi furono razionamenti del cibo a causa della scarsa produttività del settore. Il Paese che fu più colpito dalla penuria di cibo fu un membro importante della Triplice Intesa: la Russia, già minata da una forte sfiducia nei confronti dello Zar. La Russia fu il teatro di una delle rivoluzioni più violente della storia, ma allo stesso tempo una delle più importanti: la Rivoluzione di ottobre.

La situazione cambiava per i paesi extraeuropei che non erano direttamente coinvolti nella guerra:  l’assenza di un conflitto sul proprio territorio si tradusse in un boom economico. Esso si può collegare al settore delle esportazioni: la domanda di risorse utili alla produzione bellica aumentava sempre di più. In questo ambiente gli Stati Uniti fiorirono incredibilmente, fino a diventare il maggior creditore internazionale.

Dopo il 1918 il continente europeo risultava essere una polveriera, un macabro ritratto di quella che era stata la guerra. La Germania venne considerata l’unico grande responsabile del conflitto; essa doveva, dunque, pagare le famose riparazioni di guerra che ammontavano a 132 miliardi di marchi d’oro. Tutto ciò ebbe effetti devastanti sull’economia tedesca: l’inflazione raggiunse livelli altissimi, così come il tasso di disoccupazione. Molti storici ritengono che queste conseguenze economiche contribuirono considerevolmente alla caduta della Repubblica di Weimar e la successiva ascesa del Nazismo.

Economia della Seconda Guerra Mondiale:

Fu proprio in un Paese in piena crisi economica e che cercava un riscatto dall’umiliazione subita a Versailles, che il Partito Nazionalsocialista trovò terreno fertile per crescere. La sua propaganda si basava, infatti, proprio sui problemi che minavano l’economia tedesca. C’è da dire che a partire dal 1933 (anno in cui il partito salì al potere), il tasso di disoccupazione venne ridotto sensibilmente grazie ad una politica basata su massicci investimenti pubblici, soprattutto nel settore militare. Tutto ciò permise ad Hitler di ingraziarsi l’opinione pubblica e allo stesso tempo permise il riarmamento del Wehrmacth (le forze armate tedesche dal 1935 al 1949). Questi investimenti, però, fecero aumentare vertiginosamente il debito pubblico. Una nuova crisi economica fu sventata grazie all’aggressiva politica estera del Führer: infatti i Paesi occupati rappresentavano la fonte principale delle entrate del Reich (la Francia in primis).

Nella parte opposta del globo, gli Stati Uniti alternarono il proprio sistema economico con un economia di guerra anche prima del 1941, quando i giapponesi attaccarono Pearl Harbour. Fu proprio per questo motivo che il Paese risultò essere l’unico grande vincitore del conflitto: come per la Prima Guerra Mondiale, infatti, essi finanziarono molte economie degli Alleati e esportavano costantemente una quantità elevata di prodotti bellici. Dal 1941 in poi, con il passaggio definitivo all’economia di guerra, gli USA finanziarono la produzione delle industrie aumentando le tasse e emettendo i famosi war bonds (titoli di guerra).

Si è dunque appurato come i conflitti mondiali abbiano causato delle variazioni economiche molto significative tali da generare conseguenze catastrofiche in alcuni casi (come abbiamo visto in Russia o in Germania) e delle conseguenze molto vantaggiose in altri (come tutte quelle relative allo sviluppo tecnologico del XX secolo). Tutto ciò ci fa comprendere la perpetua natura dell’economia che rimane intaccata anche in periodi in cui l’unica cosa perpetua risulta essere l’avarizia umana.

“Non ho idea di quali armi serviranno per combattere la terza Guerra Mondiale, ma la quarta sarà combattuta coi bastoni e con le pietre”

-Albert Einstein, 1946

A cura di Nicola Fiore

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