Canale di Suez, Ever Given: un blocco da 9,6 miliardi al giorno

Con l’Ever Given finalmente liberata e pronta a riprendere la propria rotta verso l’esterno del Canale di Suez, inizia la conta dei danni causati dal blocco del traffico delle merci

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Ever Given: la ricostruzione dei fatti

Alle ore 7:40 del mattino dello scorso 23 marzo, l’Ever Given, una nave portacontainer della classe Golden (una delle più grandi imbarcazioni della sua categoria: 399,94 m di lunghezza per 58,8 m di larghezza, ndr), di proprietà della Shoei Kisen Kaisha (sussidiaria di Imabari Shipbuilding, ndr) e gestita da Evergreen Marine, si è intraversata di lato nel Canale di Suez, bloccando il passaggio da entrambi i lati del percorso e creando un ingorgo di circa quattrocento navi. Un tale ingombro ha portato alla mobilitazione di esperti in tutto il mondo, nel tentativo di trovare una soluzione agevole e veloce ad un problema che ha comportato un aumento del danno economico proporzionale alla durata dell’indesiderata permanenza dell’imbarcazione panamense (registrata a Panama, ndr) tra le estremità di uno dei percorsi commerciali più animati al mondo.

La svolta si è avuta alle ore 4:30 del mattino dello scorso 29 marzo, quando, a seguito di un’azione coordinata di 17 navi tra scavatori, subacquei e rimorchiatori, si è riusciti a disincagliare l’Ever Given, il cui equipaggio si è immediatamente adoperato per raddrizzarla. L’operazione, nel complesso, ha previsto la rimozione di circa 30mila tonnellate di sabbia e fango dalle estremità della nave. La portacontainer (che era in rotta verso Rotterdam dal porto di Yangshan) era la quinta di un convoglio di venti navi.

L’ingorgo ha stravolto quasi tutti i calendari nautici nei porti di tutto il mondo e diverse sono state le interpretazioni che gli addetti ai lavori delle oltre 350 imbarcazioni in attesa alle spalle del gigante panamense hanno voluto dare di una così complicata operazione. Molti, infatti, hanno preferito cambiare rotta e puntare a sud, verso il Capo di Buona Speranza, andando a circumnavigare l’Africa e a lasciarsi alle spalle ogni dubbio legato alle tempistiche di risoluzione del problema del Canale di Suez. Altri, invece, hanno preferito temporeggiare.

Nella giornata di ieri il capo dell’Authority del Canale, Osama Rabie, ha parlato ai microfoni di Nile News: “L’impresa è stata di ampia portata. Ci sarebbero potuti volere mesi e invece stanotte siamo già pronti a far passare 113 navi” ha detto, soffermandosi sulle cause, ancora poco chiare, dell’insabbiamento: “Non può essere stato solo il vento a spostare un’imbarcazione di quelle dimensioni. Stiamo lavorano per capire quali fattori abbiano potuto concorrere allo sbandamento della portacontainer”.

I danni causati dall’ingombro

Se da un lato i lupi di mare hanno dovuto rimboccarsi le maniche per rimettere in moto una balena bella pesante, dall’altro gli economisti di tutto il mondo si sono lanciati nelle individuazioni delle più variegate e precise ipotesi che era possibile fare rispetto ad un macigno enorme per i commerci globali.

In primo luogo, la scelta di alcuni capitani di virare verso sud è costata (a voler fornire dati puramente indicativi) mediamente 300mila euro (di carburante) a nave. Tale cifra è giustificata dalle circa 6000 miglia da coprire per circumnavigare l’Africa.

L’Ever Given aveva, nel momento in cui si è incastrata, circa 10 milioni di barili di petrolio pronti ad essere smistati nei porti di Asia ed Europa alle proprie spalle. La sola notizia dell’ingorgo creatosi nel Canale di Suez ha fatto schizzare il costo della spedizione di benzina e diesel da 1,49 a 2,58 dollari al barile, così come, lunedì, non appena il gigante panamense si è visto liberato dalle proprie catene di sabbia, le borse hanno registrato un immediato decremento dello 0,5 % del prezzo del petrolio.

Globalmente, lo stazionamento delle merci alle spalle della Ever Given, durato poco meno di una settimana, è venuto a costare intorno ai 10 miliardi di dollari al giorno, senza considerare che gran parte delle merci deperibili si è notevolmente svalutata o è andata perduta.

Dal Canale di Suez passano circa il 40% dell’export marittimo italiano ed il 12% dei trasporti marittimi mondiali. Sono in tanti, dunque, ad aver risentito di un così inatteso e lungo rallentamento. A vedersi puntato il dito contro sono l’armatore e le agenzie assicurative, che dovranno far fronte alle numerose richieste di risarcimento che stanno cominciando ad arrivare in questi giorni dalle parti lese.

In definitiva, quella dell’Ever Given è una vicenda che vedrà protrarsi nel tempo i propri strascichi e che darà di che riflettere alle autorità del Canale di Suez nei prossimi giorni.

A cura di Mario De Vito

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